Non scende a compromessi, perché “un uomo politico può dire il contrario di quel che pensa, perché la finalità del suo discorso è accedere al potere. Ma un intellettuale non può farlo, perché la sua opera è la sola cosa che resterà di lui"
. Da decenni sub
Nella nostra epoca si è compiuta la pars destruens che prefigurò de Benoist: il collasso della politica, la fine delle ideologie, il primato della tecnica e dell'economia, il dominio mondiale della finanza, l'omologazione planetaria sotto la buccia retorica dei diritti umani.
In particolare, l'avvento dell'Europa dei mercati sta vistosamente divaricando, a livello popolare, la destra economica e transnazionale dalla destra politica, nazionale e popolare. De Benoist non è avverso all'unione europea e all'euro, anzi è un fautore di antica data dell'Europa; ma ne rigetta il totale asservimento alle oligarchie finanziarie e tecnocratiche.
Auspica una svalutazione nominale e reale, ipotizza un ritorno alle monete nazionali, invoca nuove forme di protezionismo e di intervento sociale, discute il reddito di cittadinanza, denuncia lo sradicamento che legittima l'immigrazione come esercito di riserva del capitalismo, reputa la politica – a destra come a sinistra - inadeguata ad affrontare la crisi.
Sul bordo della crisi abissale che viviamo, De Benoist giganteggia nella sua solitudine di pensatore europeo. Piaccia o non piaccia, è uno dei rari, grandi europei pensanti rimasti nel nostro tempo." M.V.