Bentornato al Baffino mannaro
Marcello Veneziani - Mer, 20/11/2013 - Il Giornale
Ho un'irrefrenabile simpatia per Massimo D'Alema, soprattutto quando gli cadono i freni inibitori e dà luogo a tutto il suo sprezzante sarcasmo.
Quando lo vidi nel ruolo di Conte Zio che accoglieva il nipote fiorentino Matteo Renzi, era visibilmente a disagio, non sembrava lui, ma la zia Walter, al secolo Veltroni.
Era contronatura quell'unione e anche Renzi ne soffriva, si sentiva prigioniero politico e implorava aiuto con gli occhi per il soffocante e insperato abbraccio del Massimo Rottame. E lo Zio gli sorrideva con sadico compiacimento quasi a dire alle telecamere: vedete come li riduco gli insorti rottamatori senza mandar loro i carri armati, con la sola potenza del pensiero?
Ma poi è andata di giorno in giorno degenerando,
D'Alema non è riuscito a tenersi il cece in bocca, Renzi ha sbottato liberandosi dal bavaglino, e alla fine Max è uscito in tutto il suo splendore: ignorante, superficiale, circondato da potenti e palafrenieri, alleato dei rottami più contorno di Briatore e de Benedetti...
Uno spettacolo. Vedevi D'Alema ormai più bianco di Babbo Natale che riconquistava lo smalto dei capelli corvini. Eccolo, il vero Massimo, Principe delle Tenebre, l'Antipatico...
Vero è che D'Alema, pur con tutti i suoi marchiani errori, torreggia sugli altri ex-comunisti e pensò che per governare il Paese dovesse somigliare a Craxi più che farsi ossessionare da Berlusconi. Ma lui si rese impopolare pure a sinistra.
E la sinistra non riuscì a partorire niente. Da quel niente sbucò Renzi, nato da una gravidanza isterica.