DALL'ARCHIVIO - DON MILANI
Vittorio Messori
La mia incertezza davanti a don Lorenzo Milani: profeta o demagogo?
Realista concreto o pericoloso sognatore?
Tra tanti dubbi non ne ho alcuno, almeno, sul suo radicale anticomunismo.
È importante ricordarlo perchè il vecchio Pci riuscì a far passare la bufala del prete catto-comunista, del compagno di strada e tutti abbiamo visto il suo ritratto accanto a quello di Gramsci, magari di Lenin e di Togliatti, alle Feste dell'Unità. Anche adesso, i vedovi e gli orfani che vogliono salvare qualcosa dell'avventura iniziata nel 1917 e finita disastrosamente nel 1989 citano volentieri e con affetto, quasi si trattasse di un compagno, il priore di Barbiana.
Il quale, in realtà, diede questa definizione, testuale, dell'ideologia marxista: «Il comunismo è la mediazione e l'organizzazione politica di ogni male al fine di consentire, ad una classe dirigente parassitaria e brutale, la gestione di ogni forma di potere sulle spalle degli ultimi».
Non male, per un presunto "prete rosso". Ma a quel giudizio durissimo se ne potrebbero affiancare molti altri.
Non c'è che l'imbarazzo della scelta. Ecco qui, ad esempio: «I capi del comunismo affermano che la loro ideologia viene da lontano e va lontano.
Non è vero. Il comunismo viene da pochi decenni di storia e va avanti strisciando e speculando tra le innumerevoli miserie della terra.
Dove è al potere ne lenisce qualcuna e ne fa nascere molte altre, ma di questo fallimento riesce ad imporre che solo pochi ne parlino».
Per un uomo così, la vittoria cattolica del 18 aprile del 1948 fu una festa e una liberazione, tanto da scrivere nei suoi ultimi anni, ripensando a quella data: «Il grande male fu scongiurato e ognuno poté riprendere a sognare cose belle, vittorie su altri mali».
Non so se le "Feste dell'Unità" esistano ancora. Se sì, si sappia che tra quegli stand e quei barbecue per arrostire braciole e salsiccia, il ritratto di don Milani non c'entra proprio nulla.